Signor Sindaco, con rispetto, ma lei non è il giustiziere della notte di Gianluca Fiusco
Gentile Sindaco di Trapani,
Egregio Giacomo Tranchida,
ho avuto modo di ascoltare l’intervista che ha rilasciato,
con tanto di guanti in lattice, nei pressi della Villa Pepoli a Trapani il 17
marzo 2020.
Non volevo credere alle mie orecchie quando, per più volte,
ho sentito definire “scimuniti” quanti, tra i cittadini trapanesi, starebbero
in queste ore trasgredendo le consegne disposte dal Governo di rimanere a casa
per contrastare la proliferazione del cd. Coronavirus.
Era inevitabile che questa situazione d’emergenza causasse
smarrimento nella popolazione e acuisse comportamenti di regolare dispregio
delle leggi.
Quel che però è comprensibile, ma non giustificabile nella
popolazione, non è comprensibile, oltre a non essere giustificabile, nei
rappresentanti Istituzionali.
Se, da un lato, chiunque disattende le disposizioni varate
dal Governo, merita di essere perseguito con tempestività e fermezza, non sarà una
minaccia virtuale a risolvere il problema.
Ed oggi ho ascoltato il Sindaco della Città di Trapani che si
unisce al coro, al coretto per la verità di quei primi cittadini o di quei
rappresentanti Istituzionali che confondono la fermezza con il terrore.
In un momento di grave smarrimento sociale il Sindaco di una
città o chi rappresenta le Istituzioni deve mantenere nervi saldi, compostezza
e, soprattutto, lucidità.
Ascoltarla sbraitare e, addirittura, incentivare la delazione
fornendo il suo numero di telefono a cui inviare messaggi whatsapp con foto e
riferimenti personali di eventuali trasgressori, è tipico di uno stato di
polizia.
L’emergenza, si fidi, è ben altra cosa! La comunità cittadina
va accompagnata e rassicurata non aggredita!
Il che non significa tollerare i prepotenti, coloro che se ne fregano delle regole e mettono a rischio gli altri, le altre.
Significa riequilibrare l’azione sanzionatoria con quella
pedagogica e politica. Organizzare i controlli, individuare le zone da
presidiare, i luoghi di potenziale assembramento ma, al tempo stesso, attivare
canali di counseling psicologico per le persone sole, per chi si sente
sopraffatto dall’ansia della paura, insomma significa creare le condizioni
perché le ricadute del virus domani non costituiscano un danno più grave per l’intera
comunità.
Significa creare una rete sociale attiva e presente, proprio
nel momento in cui più urgente è confermare che lo Stato non esiste solo per
dichiarare il pugno di ferro, ma anche per ascoltare e sostenere.
Lei oggi si è rivolto ai trapanesi, non a tutti sia chiaro,
ma agli scimuniti che identificherà nelle prossime ore, col clamore e piglio di
chi tuttavia denuncia la propria incapacità.
Lei scopre che esistono trapanesi scimuniti. E, nella foga di prendersela con questi, perché tuonare contro il nemico scimunito genera consensi, non ha però detto quali sono le azioni a medio e lungo periodo che intende assumere per sostenere tutto il resto dei cittadini che scimuniti non sono.
Ho compreso, sgomento, che gli scimuniti, per usare il suo gergo, sono oggi il cruccio dell’Amministrazione.
Eppure sono gli stessi scimuniti che disattendono le ordinanze sul conferimento dei rifiuti. Gli stessi scimuniti che tornano dal nord per sfuggire alla quarantena. Gli stessi scrimuniti che si affollano ai supermercati o dai panettieri. Gli stessi scimuniti che parcheggiano in doppia o tripla fila.
Le svelo un segreto: statisticamente non pochi di questi scimuniti magari l’hanno votata. E, di scoop in scoop, in tutte le città ci sono “scimuniti”.
Se – tuttavia – i sindaci ricorressero alla veemenza
mediatica con cui ha apostrofato i suoi amministrati, ci ritroveremmo in un
Paese ancor più nel panico e nel terrore.
Con questa propaganda, perché “entrovirgolette” tale è da
considerare questo modo di agire, lei non ha rassicurato la Città. Anzi. Ha “sostanzialmente”
dato la stura alle preoccupazioni ed alla paura di chi, finora, le disposizioni
di emergenza le aveva rispettate e che, ora, si è convinto che qualcosa non sta
funzionando e che i rischi “di vedere congiunti morire” sono più concreti di
quanto si pensi.
Non sta a me suggerirle quel che il buonsenso dovrebbe
imporle, ovvero essere punto di riferimento di una Comunità che è smarrita.
Agitando virtualmente e sguaiatamente il bastone di una
minacciata punizione non ha certo dissuaso gli “scimuniti” dal fare gli “scimuniti”.
Per alcuni “sostanzialmente” sarà un guanto di sfida: vediamo chi sarà più furbo.
Insomma esattamente quel che non va fatto in un periodo di
grave, gravissima precarietà sociale percepita e reale. Mi permetta, glielo
dico con rispetto: non si alimenta la tensione.
Avere dei ruoli di responsabilità pubblica, per meriti
elettorali o per meriti professionali e umani poco importa, impone un’etica
della responsabilità ben diversa dalla piazzata mediatica.
Un sindaco ha strumenti e modi per individuare e ricondurre a
ragione le “mele marce”. Può e deve farlo con fermezza ma senza troppo clamore.
Il messaggio che ho ascoltato, in ultima analisi, pone due interrogativi
inquietanti: o i pochi “scimuniti” tanto scimuniti non sono visto che riescono
a gabbare i “severi” controlli messi in atto; oppure questi pochi scimuniti non
sono poi così pochi.
In tutto questo dove è la Comunità Cittadina? Dove sono le misure urgenti e concrete per ridurre oggi la tensione sociale e prevenire uno stress collettivo a lungo termine?
A ragionare sempre in emergenza si finisce per essere sopraffatti dalle emergenze e non avere più idea di cosa sia la politica.
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